lunedì 22 aprile 2013

Chili love

Era una serata di inizio estate, faceva caldo ma nell'atmosfera ristagnava quell'umido del crepuscolo scuro di giugno che minaccia un temporale. L'aria era ferma, sospesa, scura, come in attesa di qualcosa, qualcosa di grande. E infatti un grande tuono aveva squarciato il cielo e le prime gocce avevano cominciato a cadere grosse e pesanti, ma rade.
Non capitava spesso, ma mio padre aveva deciso di dedicarmi il pomeriggio e mi aveva sottratta alle cure materne per portarmi a fare un giro in centro. Stavamo camminando e io mi ero posta l'obiettivo difficilissimo di mantenere i miei passi all'interno delle strisce bianche orizzontali che attraversavano il porticato ed ero concentratissima nel fare questo quando il telefono cellulare di mio padre, una specie di enorme scatola nera con un'antenna estraibile che sembrava arrivare direttamente dall'Enterprise, aveva cominciato a suonare e lui, giustamente, aveva risposto.
Qualcuno, dall'altra parte, doveva avergli detto qualcosa di molto preoccupante perchè si era rabbuiato e immediatamente mi aveva trascinata verso la macchina di corsa (cosa che mi aveva fatto perdere tutto il vantaggio accumulato con le strisce del portico).
Una volta partiti, mentre grosse gocce di pioggia si abbattevano sul parabrezza, mi aveva spiegato che stavamo andando in cascina perchè una mucca stava male. Adoravo andare in cascina col papà, c'erano le pannocchie, c'erano 5 grossi cani che mi terrorizzavano, c'erano i maiali, le pecore e anche una capretta tutta mia, si chiamava Annabella. C'era anche un grosso toro chianino, Arturo, la cui occupazione preferita era leccare un grosso cubo di sale e aveva una fascia rossa fra le corna perchè, mi avevano detto, aveva vinto un concorso di bellezza ed era il toro più bello d'Italia.
Ovviamente c'erano un sacco di mucche da latte che la maggior parte del tempo se ne stavano nella stalla a mangiare il fieno. Ogni tanto però qualcuna riusciva a scappare e non trovava modo migliore disfruttare pienamente la sua ritrovata libertà che buttarsi nel vicino canale. Allora gli allevatori chiamavano il papà e lui risolveva la situazione.
Date le premesse pensavo che saremmo andati a tirar fuori la solita mucca un pò scema dal canale, invece l'uomo che correva incontro all'auto ancora in movimento ci faceva segno di dirigerci verso una delle stalle.
Dentro, un'enorme mucca pezzata muggiva da far spavento ed era stata isolata dalle altre e messa in un recinto tutto suo. Io mi aggrappavo alla gamba del papà, ma lui doveva avvicinarsi all'animale e così mi aveva detto di stare vicino al muro, poco distante.
Da lì guardavo l'animale soffrire, lamentarsi e ogni tanto cadere. Provavo pena per lei, ma non avevo paura, sapevo che il papà avrebbe risolto la situazione, come un supereroe.
Sentivo gli uomini urlarsi l'un l'altro e li vedevo correre a destra e a sinistra quando, improvvisamente, accadde.
Non la ricordo come una scena cruenta, non c'era sangue, non che io ricordi. Non c'era altro che lui, questa creatura che prima non c'era, che non voleva esserci ma che, in questo crepuscolo profumato di erba bagnata, alla fine, c'è.
Non c'era più alcun rumore, la mucca non muggiva più, gli uomini non urlavano più, non correvano. Stavano tutti lì, come me, una bambina di sei anni, in piedi a guardare il vitellino che cercava di alzarsi. Lo guardavano tutti con estrema meraviglia, come se non l'avessero mai visto, come una manifestazione di un Dio in cui non credevano.
Ed eccolo lì il vitellino che nulla sapeva del mondo, delle pannocchie, della pioggia, dei cani e di Annabella, si alzava e andava dalla mamma a farsi dare il latte. L'aveva fatto nascere il mio papà. E credo che sia stato in quel momento che mi sono convinta che, a volte, i miracoli li fanno anche gli uomini.
E' con questa immagine negli occhi e nel cuore, con il profumo di campagna e di vita nuova nelle narici che ho affrontato la nuova sfida dell'MTC, quale figlia di un vero e autentico cowboy (scherzate, ma quando mi chiedevano che lavoro faceva mio padre, lui mi diceva di rispondere "il cowboy"... immaginate quanto se la ridevano le maestre dell'asilo...).

Per fare questo chili ho usato dei peperoncini indiani secchi poco piccanti e dei peperoncini calabresi freschi mooooolto piccanti, tagliati a fettine.
Per il peperoncino secco ho seguito il procedimento di Anne, ho fatto un infuso con acqua bollente e li ho lasciati macerare per un paio d'ore.
Ho usato un pezzo di vitellone non molto magro, spalla, a pezzettini tagliati a circa un centimetro e mezzo di lato, epurati del grasso duro ma non della marezzatura, che serve affinchè la carne rimanga morbida.
Come grasso di cottura ho unito olio di semi e strutto, vi ho fatto rosolare la carne e poi ho aggiunto la crema creata con l'infuso di peperoncino. Ho insaporito con sale, pepe, paprika dolce e fettine di peperoncino fresco. Ho poi fatto sbollentare due pannocchie ed ho aggiunto alla carne in cottura alcuni grani di mais (le pannocchie volevo usarle come contorno ma non ci stavano nella foto, immeginatevele). Ho sfumato con mezzo bicchiere di birra (le bollicine rendono la carne morbidissima e, secondo me, la carne cotta nella birra ha un sapore fantastico, e poi me li vedo i cowboys che si bevono la birra accanto al fuoco...dei cowboys moderni, dai..).
Come pane di accompagnamento ho seguito la ricetta di Anne (in proporzioni minori) ma ho sostituito all'acqua del latte, dopo aver fatto ricerche sui possibili risultati.
Ho steso la pasta non troppo sottile ed è venuto fuori una specie di panino piatto che ho tagliato con una formina da biscotti.
Per la presentazione ho messo il chili in un barattolo di latta (mi sembrava a tema).

Il mio giudizio sul sapore (perchè ero a casa da sola per tutto il weekend e quindi ho "chilato" solo io!): allora, il sapore buono e la carne morbida. Due note solo: 1) per quanto sconsogliato dal regolamento, un pò di pomodoro ci sarebbe stato davvero bene e 2) ho notato che il piccante, per quanto fortissimo, si diradava in brevissimo tempo. ho attribuito tale effetto collaterale auspicabile all'uso dello strutto in cottura, dato che il piccante è liposolubile.

E ora qualche foto!















7 commenti:

  1. l'idea delle pannocchie come contorno, direi che è stata very american e piacevole, visto che il dolce dei chicchi certamente smorza il piccante del peperoncino. Bella prova Franci!
    Dani

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  2. Ho letto tutto d'un fiato il tuo racconto, che meraviglia assistere alla nascita di una nuova creatura! forte il tuo papà, son certa che è ancora il tuo supereroe!
    perfetto il tuo chili, anche io ho fatto le pannocchie come contorno ma l'idea di metterle dentro al chili è azzeccatissima per una nota di colore e per il motivo che dice Daniela. Bravissima Francy!

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  3. Credo che questo sia il post più bello che ho letto finora. Mi sono sentita proiettata nei luoghi da te descritti e mi sono domandata se non stessi leggendo qualcosa di James Herriott.

    Un post magistrale, ma anche una ricetta magistrale: eseguita a regola d'arte con la perizia di chi sa muoversi con disinvoltura tra i fornelli, come nella vita.

    Bravissima Francy!!!!

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  4. che bello il racconto dei ricordi del tuo papa', l'ho letto due volte e mi ha colpito molto. Il tuo chili e' fatto perfettmente, il mais e' un tocco ottimo, le tortillas a cuore e la presentazione in scatol adavvero simpatica!

    --Ann

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  5. Eccomi! Dopo lungo penare sono finalmente riuscita a sedermi un attimo con calma al pc!! Grazie come sempre, siete carinissime! Seguire i vostri blog (di nascosto :P) è sempre un piacere perchè trovo un sacco di idee da riciclare, tanta passione ed entusiasmo sempre nuovo! Più partecipo, più mi piace!

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  6. Ciao!
    ti ho letta su un altro blog ed eccomi..

    davvero coinvolgente il racconto sul tuo papà..
    è come se l'avessi trasmutato con la visione di una bimba..
    con le sue sensazioni le sue meraviglie..
    complimenti!


    se vuoi passa da me..

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    1. Ciao cara! Ti ringrazio! Passo a trovarti volentieri!

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